Eravamo in pannello, sporchi di magnesite e impegnati in un passaggio contorsionistico. Un amico appassionato di fotografia analogica aveva appena aperto il cuore a una reflex digitale.
Ci confrontavamo su stili, inquadrature e risultati settimanali. Anche le macchine fotografiche cominciavano a imbiancarsi, sporcate dal pulviscolo della palestra. Una sera d'inverno - fuori bora e freddo - mi mostra soddisfatto il suo ultimo progetto.
Si era appostato in fondamenta (sì, arrampicavamo con vista laguna) e aveva letteralmente preso di mira un gabbiano. Senza un obbiettivo “zoom” - scattava rigorosamente con ottiche fisse - si era dovuto ingegnare per inquadrare il bestione in diverse posizioni.
Il gabbiano giustiziere di seppie. Il gabbiano vanitoso, in posa su una bricola. Il gabbiano che sbraita. Il gabbiano che spicca il volo, frastornato dal vento.
"Il miglior obiettivo sono i tuoi piedi. Usa i piedi" aveva suggerito infilandosi le scarpette. Un consiglio rivelatorio. In pannello i piedi li ho sempre usati malamente e non sono mai riuscito a fare grandi cose. La falesia confermava le scarse doti nonostante la totale abnegazione.
Con la fotografia invece ho ottenuto scatti soddisfacenti. Non ho mai avuto ottiche costose ma ho sempre usato i piedi per inquadrare un ricordo.
I gusti sono soggettivi ma un' inquadratura senza epoca con carriola, fasci di legno per alimentare la stufa e calce grezza sullo sfondo mi ricordano vecchie storie e antiche memorie.
Le stesse che cerco tra le montagne.